Per gentile concessione di Quotidiano Energia
23 Gennaio 2020
Il 2020 si preannuncia come “anno decisivo” per la diffusione dell’autoconsumo in Italia.
È forse questo il principale messaggio emerso dal convegno “Energy community: dall’Europa all’Italia, dalla teoria alla pratica” tenutosi nella sede del Gse per illustrare i lavori del Tavolo coordinato da Elemens e Public Affairs Advisors (le slide dello studio sono sul sito di QE).
A parlare di “2020 decisivo” è stato appunto Tommaso Barbetti di Elemens. Ma la tesi è sostanzialmente condivisa dal presidente Arera Stefano Besseghini, che ha definito quest’anno “importante” per il futuro dell’autoconsumo.
D’altronde, la riprova arriva dagli emendamenti bipartisan presentati al Milleproroghe (seppure giudicati inammissibili, come annunciato da Gianni Girotto del M5S – QE 23/1).
In definitiva, la volontà di anticipare almeno in parte il recepimento della direttiva Ue Red II (ma la direttiva mercati non è meno importante, come sottolineato anche dal capo segreteria tecnica del Mise, Luciano Barra) sembra ormai consolidata. Si tratta ora di capire quali modalità adottare.
Lo studio
Lo studio del Tavolo parte dai numeri: attualmente si cresce di 300-440 MW annui, in gran parte legati al fotovoltaico. In base al Pniec, si dovrà raggiungere un trend di 3 GW/anno di FV per centrare gli obiettivi al 2030. E circa la metà dovrebbe provenire da configurazioni in autoconsumo.
L’analisi si sofferma poi sui principali e ormai noti dilemmi: meglio un modello virtuale o uno fisico? Meglio incentivi impliciti o espliciti? Configurazioni su base temporale “istantanea” (ora/quarto d’ora) o più ampia (giorno/mese/anno)? Solo Fer o anche cogenerazione? Quale ruolo per Esco e grandi aziende?
Lo studio analizza pro e contro di ciascuna opzione, fornendo infine quattro indicazioni basilari.
La prima è quella di “non perdere di vista il quadro europeo”, evitando di puntare su un solo modello (es. energy community). L’Europa indica 4 configurazioni (autoconsumo esteso all’interno di un edificio, Renewable energy community, Citizen energy community e cliente attivo) e “di tale indirizzo si dovrà tenere conto in fase di recepimento”.
Secondo, deve essere previsto “un ruolo chiaro per gli operatori professionali (Esco e grandi aziende), in assenza dei quali l’intero mercato dell’autoconsumo collettivo rischia di assumere una dimensione di nicchia e di non generare offerte competitive”. Allo stesso modo “va tenuto a mente il ruolo della Car, tecnologia complementare e non concorrente rispetto alle rinnovabili”.
Il terzo punto è quello degli incentivi: implicito o esplicito che sia, l’aspetto fondamentale è “analizzare gli economics delle iniziative, assicurando che il livello di remunerazione nel tempo dello strumento individuato assicuri un livello di redditività tale da attrarre i consumatori finali e da consentire la realizzazione delle iniziative”.
Infine occorre creare “un processo semplice e comprensibile”, auspicabilmente “a prova di assemblea condominiale”, come sottolineato da Barbetti. Una battuta, ma fino a un certo punto: perché il futuro dell’autoconsumo non sta solo nelle regole ma anche e soprattutto nella loro attuabilità.
Il dibattito
Lo studio ha ovviamente stimolato il dibattito, coordinato da Giovanni Galgano di Paa.
Partendo dalle istituzioni, Luciano Barra del Mise ha subito spezzato una lancia a favore del modello virtuale affermando che “non ha senso duplicare la rete”. Il dilemma incentivazione implicita/esplicita, invece, “non mi appassiona, anzi eviterei di soffermarmi troppo su questa parola magica ‘incentivo’: qui il tema è fare un quadro organico di ‘incoraggiamento’ e soprattutto trovare il giusto consenso”.
Barra ha inoltre esortato a “regolare i Sistemi di distribuzione chiusa, visto che ce lo chiedono anche le Regioni”.
Secondo l’a.d. del Gse, Roberto Moneta, proprio il coinvolgimento di queste ultime sarà importante. Occorre però “non farci prendere dalla fretta, anche se i tempi sono stretti”.
Il presidente Arera Besseghini ha rimarcato tra le altre cose la necessità di tutelare il consumatore: in particolare, “nelle energy community deve esserci una way-out per non lasciare mai l’utente scoperto” rispetto alla sicurezza e qualità del servizio. “Se poi devo votare tra incentivo implicito o esplicito scelgo quest’ultimo”, ha detto il numero uno dell’Autorità.
A questo proposito, il direttore affari regolatori di Terna, Fabio Bulgarelli, ha ricordato gli effetti dell’incentivazione implicita (ossia l’esenzione da oneri di sistema e di rete) sui costi per il sistema: “l’uplift potrebbe passare dagli attuali 7 €/MWh a 14 €/MWh mentre se autoconsumo triplica i corrispettivi di trasporto aumentano di un terzo”.
Barbetti ha replicato che secondo lo studio gli impatti sugli utenti non autoconsumanti “sono marginali: circa 1/MWh”. Ma per Bulgarelli ciò accade “solo perché fate riferimento a un trend degli oneri in calo, il confronto va fatto a parità di condizioni”.
Il responsabile affari regolatori del Gse Davide Valenzano si è soffermato tra le altre cose sulla necessità di “flessibilità” per non “ingessarsi su singole configurazioni” e sull’opportunità di “un’evoluzione dello scambio sul posto piuttosto che di un suo superamento”.
Sul fronte ambientalisti, Monica Tommasi di Amici della Terra ha esortato a fare “analisi costi-benefici” mentre Edoardo Zanchini di Legambiente ha ricordato come l’autoconsumo non debba essere solo sul FV “ma anche su eolico e mini-idro”.
Infine le numerose società aderenti al Tavolo (A2A, Axpo, Edison, Engie, E.ON, Falck Renewables, Iren e Sorgenia) che per la gran parte si sono schierate per il modello virtuale (pur senza preclusioni sul fisico, in alcuni casi).