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Con l’ingresso del Paese nella agognata fase 2 gli sforzi del Governo e l’attenzione di buona parte dell’opinione pubblica si sono concentrati, nel giro di poche settimane, dalla gestione dell’emergenza sanitaria alla ricerca di misure volte a sostenere il tessuto economico del paese, messo a dura prova dalle misure di lockdown e distanziamento introdotte negli ultimi due mesi.
La risposta era attesa con il “Decreto Aprile”, arrivato invero a destinazione solo a maggio inoltrato al punto di suggerirne la ridefinizione con la meno compromettente, almeno in termini temporali, denominazione di “Decreto Rilancio”: un documento, composto da 250 Articoli e – nelle parole del Premier – equivalente a due manovre finanziarie, nel quale trovano spazio misure per il sostegno economico alle famiglie, alle imprese, al sistema sanitario e molto altro (incluso misure sui Certificati Bianchi e sulle bollette).
Oltre all’entità del supporto, c’era molta curiosità anche sulla destinazione e – in particolare – sul tipo di attenzione che sarebbe prestata agli strumenti green nel nuovo e inatteso contesto di forte crisi: come a dire, la decarbonizzazione andrà avanti lo stesso e sarà anzi uno dei cardini su cui impostare la ripartenza o, vista la scarsità di risorse a disposizione, la priorità dovrà andare verso politiche “classiche” di sostegno diretto alla sanità e all’occupazione?
Se a livello europeo tutte le dichiarazioni puntano verso un “rinascimento verde”, è ancora presto per dire se l’Italia abbia già sciolto il nodo gordiano: tuttavia, a giudicare dall’attenzione che è stata posta al tema efficienza e mobilità dolce, i primi indizi rivelano che il nostro Governo intenda allinearsi alla posizione europea.
Infatti, diversamente da quanto avvenuto per il suo fratello minore (DL Cura Italia – o “Decreto Marzo”), il Decreto Rilancio contiene un’importante allocazione di risorse agli interventi di efficienza energetica, individuati come una delle leve principali – se non per spingere sulla decarbonizzazione – quantomeno per sostenere l’intero comparto edilizio.
Il riferimento va, ovviamente, al cosiddetto “Superbonus” con il quale si incrementa – transitoriamente e per alcuni interventi – il livello delle detrazioni al 110% fino a tutto il 2021. L’incentivo, inutile sottolinearlo, è generosissimo, essendo tuttavia limitato ad alcune classi di intervento ben definite: l’isolamento termico degli edifici (fino a 60.000 euro per ogni unità immobiliare) e la sostituzione degli impianti di riscaldamento con caldaie a condensazione (solo nei condomini e rigorosamente di classe A), pompe di calore o impianti di microcogenerazione, con un limite di 30.000 euro per ciascuna unità immobiliare. L’accesso a queste misure è comunque limitato alle persone fisiche – sono escluse le seconde case – e ai condomini. Ricordiamo inoltre che tutti gli interventi di efficienza devono rispettare alcuni requisiti minimi e devono assicurare il miglioramento di almeno due classi energetiche dell’edificio a meno che non si raggiunga la classe energetica più alta, come dimostrabile mediante l’attestato di prestazione energetica. A questi interventi si aggiungono quelli volti al miglioramento della vulnerabilità sismica degli edifici (zona sismica 4 esclusa).
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