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Poche tematiche, tra le tante di cui si discute nel sistema elettrico, sembrano avere un potere di comunicazione pari a quello delle Energy Community , le varie forme di autoconsumo collettivo inserite all’interno della Direttiva RED 2 e della Direttiva Mercati approvate dalla UE a inizio 2019.
Le Energy Community (EC) riescono infatti nella mirabile impresa di coagulare il consenso di categorie normalmente su posizioni opposte: piacciono ad ambientalisti, per il fatto che gli impianti di generazione saranno tipicamente alimentati a fonti rinnovabili; agli appassionati di tematiche sociali, per la forte connotazione di condivisione ed equità sociale data alle EC dall’Europa; agli anti-sistema, che vi vedono un modo per prendere le distanze da un sistema elettrico ritenuto iniquo e oligopolistico; ai sovranisti energetici, che potranno così “prodursi energia in casa loro”. Non stupisce dunque se sul tema si stia creando coesione anche a livello politico, con le tutte le principali forze politiche che hanno strizzato l’occhio, in varie dichiarazioni e momenti pubblici, a questa nuova forma di produzione/consumo dell’energia.
Questa coesione, almeno per ora, ha retto anche alla prova dei fatti: un emendamento alla Legge di Conversione del Decreto Milleproroghe 2019 ispirato dal senatore M5S Girotto (presidente della Commissione Industria del Senato), volto a introdurre un primo quadro sperimentale di Energy Community in Italia in attesa del pieno recepimento delle direttive, è stato approvato con il voto congiunto di tutte le principali forze politiche, dopo che in una prima fase era stato dichiarato inammissibile. Pertanto, da qualche giorno, le Energy Community hanno trovato una loro prima collocazione ufficiale all’interno del corpus normativo italiano.
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