Per gentile concessione di Qualenergia
Questa settimana abbiamo parlato molto delle graduatorie della prima delle sette procedure del DM 4 luglio 2019, il Fer 1.
Per chi non avesse seguito, su 730 MW messi complessivamente a bando lo scorso 30 settembre, sono arrivate 880 domande per un totale di 772 MW. Ma le cose sono andate molto diversamente tra aste e registri.
Riepilogando: mentre l’asta per idro e biogas è andata deserta (un solo progetto idro, escluso) quella per FV ed eolico (Gruppo A) ha assegnato tutto il contingente, 500 MW, ma ha visto un solo progetto FV incentivato (e un secondo escluso) ed è stata relativamente poco partecipata, con domande per 595 MW e ribassi dal 30,54% al 4,29% con una media del 18%.
Per quanto riguarda i registri dello stesso Gruppo A, invece, sono arrivate 522 domande per un totale di 92 MW su un contingente messo a bando di 45 MW, con tutti i fotovoltaici ammessi e una lunga coda di eolici rimasti fuori.
Anche il registro del Gruppo B biogas + idro ha visto una forte partecipazione, con solo gli idroelettrici con maggiore priorità per criteri ambientali rientrati in contingente e nessuna domanda da biogas.
Il Gruppo A2, destinato agli impianti fotovoltaici in sostituzione di eternit, ha impegnato invece solo 15 MW dei 100 MW disponibili, e c’è stata poca richiesta sia nell’asta che nel registro per i rifacimenti.
Abbiamo chiesto a Tommaso Barbetti, analista partner di eLeMeNS, che lezioni si possono trarre da queste prime graduatorie e che previsioni si possono fare per i prossimi bandi.
Iniziamo dall’asta per i grandi impianti eolico e fotovoltaici. Come si spiega la partecipazione relativamente scarsa?
In gran parte si spiega con la questione autorizzativa: un gran numero di progetti era autorizzato con lay out superati e dunque con la necessità di aggiornare le autorizzazioni con variazioni non sostanziali.
Parliamo infatti di progetti concepiti quasi 10 anni fa che devono essere adeguati all’evoluzione tecnologica che c’è stata, soprattutto per quel che riguarda le turbine eoliche.
Questo era accaduto anche nel 2016, ma la differenza è che, mentre allora le procedure autorizzative erano relativamente veloci, ora molte Regioni hanno reso il percorso molto più difficile.
C’è un solo progetto fotovoltaico tra gli ammessi e un altro escluso non per questioni di graduatoria. Cosa ha tenuto lontano il solare dalla gara?
Per il fotovoltaico ha pesato in primis l’esclusione dei progetti su terreni agricoli. Qualcuno poi ha snobbato l’asta pur potendovi accedere: sappiamo di un progetto su area industriale da circa 54 MW in Sardegna che ha optato per andare in market party con Ppa.
Come si spiega una scelta del genere?
È una bella domanda, dato che, senza parlare della remunerazione, l’incentivo sembra offrire una durata più estesa e una finanziabilità maggiore rispetto ai pur pochi Ppa tra privati che abbiamo visto finora.
Va detto che molti non si aspettavano un’asta così poco competitiva, che ha dato anche tariffe abbastanza alte (l’ultimo tra gli ammessi avrà circa 67 euro MWh, ndr).
Poi tra gli operatori c’è un diffuso scetticismo ad affidarsi al Gse e un timore per l’incertezza regolatoria: sentimenti, forse non giustificati, che sono nati da esperienze come lo Spalma-incentivi o dall’essersi scontrati in passato con atteggiamenti rigidi da parte del Gestore.
Nella gara c’è chi è passato strategicamente con un ribasso poco più che minimo, portandosi a casa 67 euro/MWh, ma c’è anche chi ha ribassato del 30% scendendo a 48 euro/MWh. Come si spiegano offerte così diverse?
Gli operatori con una forte cultura industriale non sempre condizionano il loro BID alle condizioni di scenario competitivo che si attendono di trovare, concentrandosi invece sugli economics dei propri impianti e sulla redditività che è necessario garantire al gruppo.
Cosa possiamo aspettarci dalle prossime aste?
Come detto ci sono molte autorizzazioni per varianti non sostanziali in sospeso, molto dipenderà dalla velocità con cui saranno concesse. Vanno esaminate le singole situazioni e solo a quel punto ci si potrà fare un’idea del numero di possibili partecipanti.
Diciamo che comunque, per il breve periodo, aste con elevatissima partecipazione mi lascerebbero sorpreso. Sul lungo termine, soprattutto, ho più di un dubbio che i 5,5 GW di contingente complessivo per le aste possano essere tutti assegnati, almeno se guardiamo al ritmo con cui sono state finora concesse le autorizzazioni per l’eolico e considerando il potenziale limitato del Fv in area industriale.
Una partecipazione relativamente alta c’è stata invece per il registro…
Ci sono stati tanti partecipanti e due terzi del contingente è andato all’eolico e un terzo al FV. Questo considerando che, per i meccanismi di priorità del bando, tutti i fotovoltaici sono rientrati in posizione utile mentre 267 eolici sono rimasti fuori.
Cosa ha spinto a una partecipazione così massiccia dell’eolico rispetto al FV?
Tra le domande colpisce la forte presenza di mini-eolici da 60 kW, un mercato che evidentemente è ancora vivo, spinto dal fatto che gli impianti che riescono a entrare in esercizio entro agosto 2020 hanno diritto alle più generose tariffe del DM 23 giugno 2016.
Tutte le macchine di questa taglia che hanno chiesto le tariffe più generose sono però rimaste in fondo alla lista dei progetti, non in posizione utile. Quelli che rientreranno con il prossimo registro avranno tempo dalla pubblicazione delle prossime graduatorie, fine maggio, al 9 agosto per mettere in esercizio gli impianti, dopo di che nei prossimi bandi potremmo vedere ridursi fortemente, se non sparire, questa taglia di impianti.
Cosa potrebbe succedere nei prossimi registri?
Il registro per l’idroelettrico in questa prima procedura è stato di fatto limitato agli impianti che andavano in accesso diretto con il decreto del 2016, essendo gli altri stati bloccati dalla necessità del via libera Snpa: nel prossimo bando dovrebbero partecipare anche questi, cosa che potrebbe portare a un affollamento ancora maggiore.
Per quel che riguarda il gruppo eolici-fotovoltaici, ci sarà la coda dei minieolici, di cui parlavamo sopra, da smaltire, ma per il resto è difficile fare previsioni.
Guardando a questi primi risultati del decreto, cosa ha funzionato e cosa no nel disegno del meccanismo incentivate?
Rimandando a tra qualche mese un giudizio complessivo sulla congruità dei contingenti, per ora possiamo dire che l’asta, nonostante la partecipazione relativamente scarsa, ha fatto emergere le efficienze degli operatori: l’incentivo medio è stato di circa 57 euro/MWh, il più basso mai raggiunto nella storia del sostegno alle rinnovabili in Italia. Contando anche il diverso meccanismo di remunerazione, ora a due vie, siamo di fatto oltre 10 euro/MWh sotto al livello raggiunto con le aste per l’eolico del DM 23 giugno 2016.
Non si sono rivelati utili invece norme come quella che avvantaggia gli aggregati: ha portato più avanti in graduatoria alcune iniziative senza benefici apparenti per il sistema, a prescindere dal livello di sconto che erano in grado di proporre.
Sembra poi essere stato un flop, per ora, il registro e il relativo premio per il FV in sostituzione dell’amianto, con 15 MW assegnati su un contingente di 100.